Diversity – da gender gap in poi
Diversity – da gender gap in poi
Normalmente essa è associata alla diversità di genere. in inglese gender gap, ovvero alle differenze fra uomo e donna, spesso in ambito lavorativo, e spesso viene semplicemente associata alla differenza di guadagno fra i due sessi nel mondo lavorativo.
Bene lo dico qui così poi non ne parliamo più.
Sicuramente il tema è caldo e questo focus, che naturalmente il dibattito ha preso come riferimento, è fondamentale.
Fondamentale nella misura in cui all’indipendenza economica di una persona è associabile anche l’indipendenza di pensiero, di parola e di azione.
Provate ora a pensare!
Cosa sareste voi, donne e uomini, senza una sana indipendenza economica?
Beh, sareste schiavi di qualcuno che vi dice cosa fare.
E quel fare sarebbe figlio di un suo pensiero, un suo obbiettivo e un suo modo di essere, venendo meno, spesso, la possibilità di esprimere se stessi.
Quindi, gender gap benissimo, ma, spesso, è un problema da ricchi.
Mi scandalizzo, non dico di no, nel vedere poche donne in posizioni di potere, dove il potere viene dato dalle competenze e se esservi, a livelli più bassi, un bel 50/50 fra uomini e donne con competenze paritetiche e che competono per lo stesso posto.
Prendiamo, ad esempio, il mondo sanitario.
Qui ci sono medici donna e medici uomini ormai da più di una generazione e ormai la percentuale di donne medico laureate supera in maniera importante quella degli uomini.
Ma come mai, quando si viene al dunque, è più normale scegliere l’uomo per la posizione apicale che la donna?
Altro esempio sono le società headhunting.
In queste società la maggioranza di donne è evidente a occhio nudo, ma poi il “capo azienda” è spesso un uomo e le percentuali di mix vengono ribaltate.
Intendiamoci, non è un tema di esempi, è un tema statistico.
Una mattina di una decina di anni fa, ero a Campo Imperatore e mi ero alzata presto per andare a sciare.
Nel vestirmi accendo la televisione e, così per caso, era su La7 e stava parlando Emma Bonino, che disse:
“il potere è una competenza e come tale va allenata”. Eh già ….
E da qui parte la riflessione, secondo la quale le donne non sono educate per arrivare a comandare e che non hanno modelli di riferimento femminili positivi da cui attingere a piene mani per provare ad immaginarsi in quelle stesse posizioni.
I modelli di riferimento sono maschili.
E portano con sè la tendenza naturale alla violenza da potere, così forte nel nostro paese, nelle nostre commedie, nella nostra televisione e nel nostro modo di essere.
Insomma, diciamolo, un bel “celhodurismo” della prima maniera appaga sempre (in Italia, ma non solo).
Ora tutto questo per dire che io di queste cose non ne voglio parlare, perché ne sanno molto di più altri, altri che hanno sviluppato attività di mentoring, di coaching, e così via .